Genitori e insegnanti efficaci
Cosa conta davvero per essere un buon genitore o un buon educatore?
Diversi genitori si chiedano a cosa possano servire le figure esperte come ad esempio il pedagogista, lo psicologo o il consulente dell'allattamento al fine di fare un mestiere così naturale e antico come quello del genitore. Nelle società più semplici, a contatto con i propri istinti e intuizioni, in effetti non si avverte un bisogno così forte di riflessione e confronto con gli altri. Il modello dominante è uno solo e non ci sono interferenze commerciali o politiche a sviarti dai tuoi veri desideri. Purtroppo ormai ci troviamo molto lontani da quelle realtà ed è molto facile scambiare condizionamenti culturali, luoghi comuni ed esempi sbagliati forniti da modelli dominanti con il proprio autentico istinto.
Il nostro modo abituale di vivere è ormai basato sul livello di cultura e di tecnologia molto avanzato che abbiamo raggiunto e giustamente, quando impariamo a fare qualcosa di nuovo, ci avvaliamo di tutti i mezzi che abbiamo. Abbiamo anche a disposizione esperti per ogni cosa, grazie alla specializzazione della società. In ogni momento della giornata, per qualunque cosa, come quando ad esempio, cuciniamo un risotto, andiamo a cercare informazioni dagli esperti. Oggi l'uomo ha strumenti in più che giustamente lo attirano anche verso una nuova ambizione: quella di liberarsi anche dalle esperienze infantili familiari, con le loro pesanti ed inevitabili influenze, che si tramandano di generazione in generazione.
Se ci pensiamo bene in realtà l'esigenza di confrontarsi con gli altri è sempre stata forte nell'essere umano. Un tempo si chiedeva consiglio al prete del paese, prima ancora si andava dagli anziani e dallo sciamano della tribù. Per l'allevamento dei figli, se non si chiedeva consiglio alle donne più esperte, quelle con più figli, però si osservava attentamente ciò che faceva. Insomma l'uomo è fondamentalmente un essere sociale che non conduce la sua vita come una monade isolata ma come parte di un tutto. Quello che noi cerchiamo oggi è semplicemente una persona con esperienza in un certo ambito, proprio come allora. L'unica differenza è che oggi l'esperto ha mezzi diversi, culturali, linguistici e anche scientifici.
Se quello del genitore è il mestiere più difficile del mondo, di conseguenza fare l’insegnante è il secondo mestiere più difficile. Occorre studio, aggiornamento continuo, esperienza, curiosità verso i processi psichici, c’è bisogno di molte qualità umane personali, umiltà e desiderio di migliorarsi come persone. Per umiltà intendo anche la consapevolezza dei limiti della propria professione e il rispetto per le altre (logopedisti, neuropsichiatri infantili, scienziati ecc.). Occorre soprattutto che tutti questi elementi interagiscano insieme perché i contenuti studiati in pedagogia o psicologia non devono rimanere in cassettini a compartimento stagno. La loro utilità si valuta dalla misura in cui riescono ad affinare la sensibilità di cui l’insegnante è dotata in quanto essere umano, nella misura in cui ci sono utili a fare quella rilettura critica della nostra esperienza sul campo che fa la differenza tra una persona “pratica del mestiere” e una competente, informata, acuta, originale e sicura di sè. La materia che un’insegnante lavora e plasma non è la propria mente razionale ma la propria emotività, i propri comportamenti, la propria capacità di interpretare i comportamenti altrui. Chi prende seriamente questo lavoro ed arriva a farlo con soddisfazione e successo non diventa uno psicologo ma… in un certo senso ci va vicino, ognuno dal suo punto di vista, con il suo approccio, con le sue ideologie e valori di partenza, con le sue teorie di riferimento, più o meno consce. Questa crescita personale richiede un continuo lavoro dentro di sé, un po'come una psicoterapia: conoscenza della propria storia familiare, conoscenza della propria storia personale, di come esse hanno inciso nella nostra personalità, consapevolezza dei nostri punti di forza e di debolezza prima come esseri umani e poi come insegnanti, scoperta degli approcci che troviamo più utili nella crescita personale. Molte volte sono proprio le difficoltà della vita che ci costringono a guardarci dentro e a farci aiutare, migliorandoci così anche come insegnanti. Senza una maturità personale non si sarebbe nemmeno in grado di comprendere in profondità le varie teorie pedagogiche che si studiano.
Pur non sminuendo il valore coadiuvante delle pratiche spirituali o dell’assunzione di rimedi alternativi, ritengo che ogni professionista dell’educazione e anche ogni genitore abbia bisogno di fare, a qualche livello, un lavoro di tipo psicologico su di sé. Non esistono pratiche non verbali che in maniera spontanea e inconsapevole generano un livello di consapevolezza sufficiente a risolvere ogni problema interiore e relazionale, soprattutto davanti a un disagio di un bambino.
Credo che in una scuola le situazioni che possono richiedere uno psicologo siano molte. Può essere utile alle famiglie per comprendere il figlio e le proprie dinamiche familiari, può consigliare eventuali percorsi specialistici, può servire anche in caso di problemi tra insegnanti e famiglie, per aiutare un’insegnante in difficoltà con un bambino con problemi o in caso di problemi tra colleghi. Una comunità educante che voglia vivere sempre in armonia deve saper guardare in faccia gli inevitabili problemi che si presentano senza imbarazzo e senza indugio.
Come un genitore, nessun insegnante può dirsi arrivato, ci sono sempre qualità da potenziare, tipologie di bambini con cui migliorare l’affinità, dinamiche di gruppo che ci mettono più in difficoltà di altre, fasi del lavoro a casa che ci mettono più in crisi di altre, districarsi nella giungla delle novità didattiche. I bambini sono in grado di leggere anche gli stati d’animo che teniamo più nascosti, captano ed assorbono tutto, per crescere sani hanno bisogno di persone quanto più possibile equilibrate e serene, sempre nei limiti del nostro essere umani naturalmente. Non è questione di fare ma di essere, non sto parlando di errori educativi eclatanti ma dell'influenza che un genitore o un insegnante infelice trasmettono impercettibilmente al bambino. Il bambino si nutre della gioia di vivere emanata dall'adulto e ne assorbe tutte le caratteristiche, anche quelle più nascoste. Stare bene con se stessi non è però sufficiente per sapersi relazionare bene con gli altri ed è qui a mio parere che entra in gioco una delle differenze essenziali tra fare un cammino solo spirituale e avvalersi degli strumenti più profondi ed efficaci della psicologia, scienza che per la sua natura verbale e dialogica, è in grado di porci al di fuori del nostro piccolo mondo autoreferenziale e soggettivo.
Al bisogno, questa scuola si avvale appunto delle supervisioni di esperti tramite colloqui con l'insegnante. L'insegnante può in certi casi chiedere ai genitori di portare il figlio da uno specialista. La scuola offre ai genitori un percorso di consapevolezza articolato in incontri individuali e di gruppo studiato per creare una buon'armonia tra gli stili educativi di scuola e casa e per una profonda crescita verso una genitorialità rispettosa. Il progetto per il futuro è avere, come parte integrante di questa scuola, la figura dello psicologo.
Ma qual è lo scopo di tutto ciò? Diventare perfetti? No di certo. Se abbiamo questo come obiettivo significa che siamo ancora completamente immersi dentro dinamiche disfunzionali ereditate dai nostri genitori. L'atteggiamento che abbiamo con noi stessi è lo stesso che abbiamo con gli altri. Osserviamo il tono con cui parliamo a noi stessi e le parole che scegliamo. Se verso di noi, nel profondo dell'anima, nutriamo un atteggiamento giudicante, umiliante, aggressivo e pretenzioso, verso i bambini non ci verrà naturale tirare fuori comprensione, pazienza e accettazione dei limiti. Quello a cui dobbiamo puntare non è essere un genitore o un educatore perfetto, ma consapevole. Certo, la consapevolezza non basterà ad eliminare magicamente tutti i nostri difetti, ma ci aiuterà a trovare le strade per compensare e rimediare. Ciò che invece non si può cambiare insegnerà a noi e ai bambini che abbiamo davanti che l'essere umano non è fatto per la perfezione, e questo sarà un'insegnamento molto prezioso con cui il bambino imparerà ad accettare i limiti altrui e anche i suoi stessi difetti.
Valentina Safadi, pedagogista e insegnante