E i compiti a casa?


Attualmente la Scuola La Libellula offre solamente un orario mattutino, anche se è disponibile a valutare altre opzioni. Dato l'orario ristretto e l'ampiezza dell'offerta formativa, al momento si rende necessario qualche compito a casa. Questo articolo spiega la funzione, la modalità dell'assegnazione dei compiti e il ruolo dei genitori nell'esecuzione dei compiti lasciati ai bambini in questa scuola.  La Libellula esplicita anche la sua posizione riguardo i compiti in generale.



La prima premessa che faccio è che per l'anno prossimo non è stato ancora stabilito l'orario de La Libellula, che resta aperta a varie possibilità.

Dall’esperienza mia e delle maggiori scuole parentali italiane, se l’orario della scuola è mattutino, se si è sempre in ascolto de dei bambini, se si segue con flessibilità i loro interessi, se si privilegiano modalità di apprendimento esperienziali (cucinare..), se si dedica tempo al gioco libero e se si cura l'attività fisica e artistica, il risultato è che qualche compito a casa si rende davvero necessario. Quella parte di lavoro ripetitiva, di consolidamento degli apprendimenti e ripasso, necessaria anche per prepararsi alle modalità dell'esame, se pure in piccola misura, dovrà essere svolta a casa. E' importante sapere che di solito in queste scuole i bambini non la vivono come un problema, perchè i loro bisogni più profondi sono già saziati e perchè non c'è stata nella mattinata nessuna compressione e frustrazione da scaricare. Molto diversa è l'esperienza stressante dei compiti a casa prescritti nelle scuole pubbliche, dove solitamente quella parte di lavoro ripetitiva, in posizione statica, in modalità tradizionale, individuale e seriosa ha già occupato l'intera mattinata. Resta fermo il concetto che il grosso del lavoro è responsabilità dell'insegnante e fattibile in mattinata se si fa ricorso ad una didattica di alta qualità. Il tempo pomeridiano e festivo è prima di tutto il tempo del riposo, del dialogo e delle esperienze coi genitori, delle relazioni con parenti, amici, vicini e animali domestici, delle faccende di casa, degli hobby, delle attività extracurricolari, della lettura e molto altro. I compiti devono essere "chirurgici", cioè strettamente selezionati. Tra i compiti dell'insegnante c'è quello di personalizzare i compiti scegliendo la giusta quantità per ogni alunno e il livello adeguato alle sue capacità. Le modalità e i contenuti dovrebbero essere anch'essi personalizzati in base agli interessi e, nei casi più difficili, cioè di rifiuto, occorre concordare e negoziare i compiti accuratamente. 

Il punto di partenza fondamentale perchè un genitore riesca a far eseguire i compiti al figlio è dunque essere convinti della loro necessità e sentire che di quell'insegnante si può fidare. Riguardo il ruolo dei genitori nei compiti, ricordiamo come prima cosa che il compito è una prova di autonomia organizzativa e di lavoro: se il bambino non è in grado di farlo da solo il problema non è suo ma dell'insegnante che, probabilmente, ha fatto un errore di valutazione e non ha personalizzato adeguatamente la consegna in modo da renderla per lui fattibile. Possono fare in parte eccezione i bambini molto piccoli e quelli con delle difficoltà. Un' altra situazione che fa un po' eccezione è la fase nella quale si iniziano a dare compiti orali come la ripetizione, su domande-guida, di un'argomento di studio. Il ripetere insieme serve a migliorare il linguaggio ed è utile come forma di controllo, nel senso che i bambini tendono tutti a sminuire l'importanza dei compiti orali. Siccome il loro svolgimento non è dimostrabile con oggetti concreti, tendono a pensare che nessuno si possa accorgere se vengono effettuati o meno.

Ciò che si chiede ai genitori è un importante azione di aiuto nell'uso del diario, nella pianificazione del tempo giornaliero e settimanale. Fino a quando è giusto controllare che il figlio abbia fatto tutti i compiti? Siamo tutti tentati di poterci aggrappare ad un "adesso basta eh! è scoccata l'ora X, hai l'età per organizzarti da solo, mi rifiuto di continuare a supportarti". In realtà non esiste un'età uguale per tutti. Questo tipo di aiuto può rivelarsi necessario per molti anni. Il consiglio è quello di intervallare periodi di controllo serrato con periodi in cui si fa l'esperimento di mollare gradualmente la presa per vedere cosa succede. Il controllo dei compiti è faticoso perchè comporta il guidare il bambino a leggere il diario, il concordare insieme a lui il momento giusto, il luogo adatto per studiare (illuminazione, spazio...), i materiali (controllare che ci sia tutto, per esempio che la colla non sia finita o che il righello non si sia perso), organizzare la situazione in modo che non ci siano fonti di distrazione (cellulari, fratellini piccoli, animali, tv e musica accesi, capelli sciolti davanti agli occhi ed altri fattori di distrazione). Una volta iniziato occorre controllare che il bambino stia effettivamente continuando a studiare e che non abbia bisogno ogni tanto di input a riprendere la concentrazione. Infine, prima di consentire al bambino di terminare la sessione di studio ed accendere TV, play station o di uscire con gli amici, bisogna controllare che i compiti svolti corrispondano a quelli scritti nel diario. In presenza di un rifiuto marcato, oltre naturalmente a verificare che i compiti e le strategie dei genitori siano adeguati al bambino occorre fare un lavoro sulle cause profonde (eventuali traumi nelle esperienze scolastiche precedenti? Difficoltà di autocontrollo? Emotive? Periodi con particolari problemi familiari? ...). Non c'è bisogno di punizioni, il bambino è chiamato semplicemente a constatare le naturali conseguenze delle sue azioni: non ci sarà tempo per il parco, per esempio, finchè i compiti non saranno finiti. Se saranno finiti a ora di cena il genitore non lo porterà al parco non perchè è arrabbiato ma semplicemente perchè il tempo a disposizione è finito. Non  se la sente di "togliere la patata bollente" senza che il problema venga risolto dal figlio. Il tutto con estrema calma e pazienza, sapendo che per il bambino è una fatica reale e che dunque è normalissimo che "ci provi sempre" (come è altrettanto normalissimo anche che il genitore non ceda!). A scuola, allo stesso modo, non ci saranno punizioni, umiliazioni, urla, confronti e cose del genere, ma la conseguenza della mancanza di quella parte di studio sarà che questa dovrà essere recuperata in qualche modo e questo toglierà tempo ad altro. In soccorso del genitore possono venire tanti strumenti: tecniche di comunicazione, tecniche comportamentiste (token economy, contratto firmato, raccolta punti con premio a lungo termine, comunicazione con l'insegnante...) ma mi preme sottolineare che innanzitutto alla base deve esserci sempre una forte convinzione interiore, che si manifesta in maniera spontanea con un atteggiamento risoluto, chiaro e coerente nel tempo. Teniamo presente che il 93% dei nostri messaggi sono non verbali e i bambini colgono facilmente dal tono della voce, dallo sguardo e dalla postura se c'è anche solo una minima possibilità di svicolare ed aggirare la richiesta. Faccio un esempio: provate a ricordare per un attimo i momenti in cui avete comunicato ai vostri figli che le automobili sono pericolose e che non ci si deve buttare in mezzo alla strada. Lo avete fatto con l'aria di chi sta pensando "ora ci provo, vediamo se ci riesco" oppure con l'aria di qualcuno che non prende nemmeno il considerazione la possibilità del fallimento e che sarebbe disposto ad inventarsi di tutto pur di riuscire a raggiungere quest'obiettivo? Vi siete per caso lasciati scoraggiare da episodi in cui vostro figlio continuava a buttarvi per strada? Io non credo. 

Si tratta sicuramente un compito impegnativo per un genitore, in certi casi snervante, ma nessuno può sostituire il genitore in una responsabilità che attiene solamente al suo ruolo. Viviamo in una società ultraspecializzata dove ogni aspetto della nostra vita è parcellizzato e dove impera una mentalità di delega in ogni settore. La gente tende a non farsi molte domande e a delegare ciecamente la salute allo stato o al primo medico nel quale per caso ci imbattiamo e che magari ci parla con tono autoritario, la religione al catechismo ecc... Pensiamo a come la società ci induce, in ogni piccola cosa della giornata, a delegare le nostre scelte di vita ad altri. Se da una parte delegare può dare un senso di alleggerimento sul piano pratico e a livello di responsabilità, dall'altro dobbiamo riacquistare l'onere e l'onore della  nostra libertà, la fiducia in noi, la conoscenza profonda di noi stessi e di ciò che fa per noi, che nessun altro può avere. Lo stesso discorso vale per i nostri figli: il primo medico è il genitore, il primo psicologo è il genitore, il primo educatore è il genitore, la prima guida spirituale (qualunque sia l'orientamento) è il genitore, il primo insegnante... sì, anche quello è il genitore. Colui che più di tutti trasmette l'amore per il sapere, valori come la curiosità, la precisione, la cultura, l'autocontrollo, la fiducia negli insegnanti e il senso di responsabilità è il genitore. Nessun figlio è mai cresciuto come il suo insegnante. In ogni campo egli cresce modellato da ciò che assorbe, vive e respira in famiglia.



Valentina Safadi, pedagogista e insegnante